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L’ingegner Nicola Laruccia assolto dopo 9 anni: “Non prese alcuna tangente”

La notizia ha fatto immediatamente il giro dei social, con tantissime attestazioni di stima e affetto nei confronti di Nicola Laruccia, l’ingegnere nocese 75enne che dopo un calvario di nove anni è stato definitivamente assolto nell’inchiesta sulle presunte tangenti al Comune di Gioia del Colle, per la quale lo stesso Laruccia nel 2015 era finito per quasi tre mesi agli arresti domiciliari.

Nove lunghissimi anni che hanno minato pesantemente la sua salute e segnato  la sua vita. L’ingegnere all’epoca era il dirigente dell’ufficio Urbanistica. Laruccia non aveva mai preso, né tantomeno accettato, quelle tangenti di cui aveva parlato con altri interlocutori un imprenditore che voleva aggiudicarsi un appalto, è scritto nero su bianco nella sentenza con la quale – a nove anni di distanza, appunto – i giudici del tribunale di Bari lo hanno assolto definitivamente “perché il fatto non sussiste”.

"Una vicenda giudiziaria che non aveva né capo né coda", racconta un amico di famiglia dell’ingegnere. Come rilevò di fatto anche il gup, nel 2017, quando decise il proscioglimento con la medesima motivazione di oggi – “perché il fatto non sussiste” – respingendo così la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura. La sentenza venne poi impugnata dalla stessa Procura e nel 2021 si aprì il dibattimento in tribunale che si è concluso con l’assoluzione – oggi diventata definitiva – su richiesta dello stesso pubblico ministero.

Le accuse nei confronti di Laruccia erano pesanti, perché la Procura riteneva che avesse accettato - insieme con l’allora sindaco di Gioia del Colle, Sergio Povia, e il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, Rocco Plantamura - la promessa di una mazzetta da 100mila euro da dividere tra loro, per agevolare l’assegnazione di un appalto all’imprenditore Antonio Posa, con l’intermediazione di Francesco Ventaglini. In particolare si trattava della realizzazione di interventi di social housing, dei quali Posa e Ventaglini parlavano con dovizia di particolari nelle conversazioni telefoniche intercettate.

Proprio dalle intercettazioni - stando a quanto si spiega nella sentenza - si evincerebbe che l’imprenditore “lungi dall’avere alcuna sicurezza in merito all’aggiudicazione della gara, mostrava con i fatti e le parole assolutamente il contrario”. “Le intercettazioni, a ben guardare - proseguono i giudici - confermano esclusivamente la sussistenza di un accordo fra Posa e Ventaglini e mostrano che quelle su Laruccia erano mere supposizioni". Ancora più significative sarebbero le conversazioni fra il dirigente comunale e Posa, “nel corso delle quali, di fronte alle incalzanti e pressanti richieste dell’imprenditore, Laruccia era sempre molto vago e non assicurava alcuna certezza. Emblematica è infatti la frase ‘eh vediamo... vediamo...’, limitandosi a fornire mere indicazioni sulla presentazione del progetto”. In altri dialoghi intercettati, Posa e Ventaglini parlavano esclusivamente con il sindaco, E, addirittura, in una conversazione del primo con la moglie, l’uomo si lamentava del fatto di non essere riuscito a raggiungere alcun accordo con i funzionari del Comune.

Nel corso del processo, che si era diviso in tre diversi filoni, tutto l’impianto accusatorio si era lentamente sgretolato. Povia e Plantamura furono assolti in abbreviato nel 2017 e la sentenza venne confermata in appello nel 2021. Posa e Ventaglini nel 2020 furono condannati, ma il reato fu derubricato in “traffico di influenze illecite” e nel 2021 fu dichiarato estinto per prescrizione. Nel processo l’ingegner Laruccia era stato difeso dall’avvocato Pino Giulitto.

"Nulla potrà ripagare un calvario durato nove anni, nonostante il proscioglimento addirittura in sede di udienza preliminare dopo quasi tre mesi agli arresti domiciliari", aveva commentato Laruccia. L’ingegnere si era dal Comune di Gioia del Colle dopo aver ricevuto l’ordinanza di custodia cautelare e da allora non ha più lavorato. Tantissime anche sui social, come si è detto, le attestazioni di solidarietà nei confronti del professionista nocese. Molte delle quali si concludono col medesimo interrogativo: “E adesso chi pagherà?”.

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